La lumaca

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Steso sulla mia amaca dopo un pranzo copioso e innaffiato sento due bambini che giocano nel backyard adiacente al mio; fanno molto rumore nonostante sia domenica e nonostante le urla degli adulti provenienti da dentro casa. I bambini ce l’hanno con qualcuno o con qualcosa. Mi affaccio oltre i rami di bambù che delimitano il mio spazio e capisco che ce l’hanno con le lumache. Povere lumache.

Dalla prima alla quinta elementare sono andato a scuola in una via centrale del dodicesimo arrondissement. Rue Lamoricière. Paris. Abitavamo al sesto piano. Un boulevard. Papà ci faceva entrare nell’ascensore dopo aver mangiato i kellogg’s. C’erano già. Ci ritrovavamo al piano terra in pochissimi secondi. Giunti nel cortile io e mio fratello salutavamo la concièrge. Il digicode non era stato ancora inventato. Nell’ascensore, in quei pochissimi secondi, papà ci diceva sempre sorridete e non perderete mai. Il digicode arriverà anche a Roma, prima o poi.

Bonjour madame la concièrge! Bonjour les enfants! Con un sorriso bianco che illuminava l’inizio di giornata. Poi ci incamminavamo verso il cancello nero. All’altezza del calzolaio si girava a destra e prima di arrivare davanti all’école ci si fermava da madame la boulangère. Bonjour madame la boulangère! Bonjour les enfants. Est-ce qu’on pourrait avoir des bonbons, s’il vous plait? On va faire moit-moit, Tino et moi! I fratelli minori sono solitamente più spavaldi. Si abituano a lottare ben prima. Non sempre. Ma quasi. Les enfants, un chausson aux pommes ou un croissant. Ou un flan, à la limite. Mais pas de bonbons. Faites moitié-moitié. Cela sera meilleur pour votre santé et surtout pour vos caries!

Non sapevo se papà si metteva d’accordo con madame la boulangère. L’unica certezza è che uscivamo dalla boulangerie con un pacco pieno di enormi bonbons solo il sabato mattina, quando a scuola ci accompagnava la mamma perché aveva sempre la mattinata libera e papà non solo faceva orario continuato ma doveva andare a lavorare prima degli altri giorni. Forse era tutto pianificato e i bonbons si potevano mangiare solo il sabato mattina. Ma mi piaceva sorridere alle persone. Tutte le mattine.

Mi stendo nuovamente sull’amaca e vedo lumache volare letteralmente sopra la mia testa. Sto sognando.

Le venti circoscrizioni in cui sono divisi i dipartimenti di Parigi formano – a ben vedere – il guscio di una lumaca. Perché proprio una lumaca? Da bambino me lo chiedevo spesso. Ma non osavo chiedere. Chiedevo tante cose, come tutti i bambini, ma non chiedevo nulla della lumaca. La domenica si andava a trovare amici alle porte della città, quando non erano loro a venire da noi: papà tirava fuori il suo stradario; la topografia. Gli piaceva quella parola. Su quel libricino tascabile vedevo sempre la solita lumaca. Un pò più piccola del solito. Ma sempre una lumaca. Chiedevo altro. La domenica mattina si prendeva la nostra Citroën due cavalli. Verde. Décapotable. Appena entrati sul périphérique chiedevo sempre – girando nervosamente la testa a destra e sinistra e reggendomi con le mani ai due poggiatesta: papà, maman, perché quelle macchine sono davanti a noi? Perché non possiamo sorpassarle? Perché non andiamo più forte? Loro se sono lì vuol dire che vanno più forte di noi. No, mi sentivo rispondere. Sono entrati prima di noi sul périph’ e quindi si trovano semplicemente davanti a noi. Semplicemente. Allora mi rimettevo seduto e giocavo a forza quattro – tascabile – col fratellino. Sembriamo una famiglia di lumache! Questo non riuscivo a dirlo. Lo pensavo.

Le domande dei bambini hanno sempre un che di innocente e misterioso. La non corruzione infantile rousseauniana. Prima di diventare pre-romantici, i bambini fanno sempre strane domande. Mai banali. Sono gli adulti ad essere banali. Noiosi. Gli adulti non trovano quasi mai le risposte alle domande dei bambini. Perché sono corrotti. E Sempre arrabbiati. Uffa. Credo si dimenticano di essere stati bambini. Fanciulli. No, non tutti se lo dimenticano.

“È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi […] ma lagrime ancora e tripudi suoi”.

Anamenesi. Risveglio della memoria. Fedro. Il ricordo delle idee. Platone. Ben prima di Marcel. La madeleine. Il tempo perduto non si ricerca. Sembra sempre definitivamente perso. Irreversibilmente trasformato. Lontano. Distante. E perso. Ma la madeleine inzuppata nel tè… La maman de Marcel. Anzi. La zia Léonie. Combray. Swann. Vedere una madeleine su un tavolo non ti ricorda nulla. Vero? Appoggiare però un pezzo di madeleine inzuppata di tè sul palato.. Beh, questo ti ricorda qualcosa!

Sensazione sensazionale.

Anche nel diciannovesimo secolo esistevano le lumache. Il Barone Haussmann, noto politico nonché prefetto del periodo antecendente alla Parigi godereccia e spensierata della Belle Époque, non solo mangiava gli escargots ma aveva pensato bene di ovviare al problema delle lumache parigine.

Le lumache continuavano ad essere lente perché prive di spazio. Erano buone però. Lo sono tutt’ora. Il Baron pensò bene che bisognava allargare le strade. Si faceva prima ad andare a mangiare le lumache. Creare enormi boulevards. Questo era stato il suo progetto. Parigi non sarà mai più la stessa. Farò prima ad andare a mangiare gli escargots.

A un certo punto capisco per davvero che le lumache volano sopra la mia testa. Scendo dalla mia amaca e vado a dare nuovamente un’occhiata a quello che succede nel backyard adiacente al mio. I bambini prendono le lumache – alcune ancora vive – da una bottiglia di plastica tagliata a metà e leggermente interrata, piena di birra. Il colore è più scuro rispetto alla birra che ho bevuto a pranzo.

Le lumache sono ghiotte di birra. Non solo di foglie in piena notte. Il Barone mangiava tante lumache e beveva tanta birra. Ma non penso vedesse volare le lumache sopra la sua testa. Neanche dopo tante birre.

I bambini si contendono le lumache col guscio più piccolo perché fanno una gara: vediamo chi riesce a tirarle fino al parco pieno di alberi. Dai guarda, quello là.. lo vedi? Di là, dove ci sono gli alberi. Il parco pieno di alberi è adiacente al mio backyard, dall’altra parte delle lumache. Ecco perché scelgono i gusci più piccoli. Per lanciarli più in là. In realtà se fossero più grossi forse andrebbero ancor più in là. In ogni caso vedo volare le lumache sopra la mia testa. Non dico nulla, non oso. Ma avverto una strana sensazione.

Sensazionale.

Non è l’ora del tè e non c’è nessuna madeleine. Anamenesi.

Bonjour madame la boulangère! Est-ce qu’on pourrait avoir des bonbons, s’il vous plait?

2 Pensieri su &Idquo;La lumaca

  1. Tino…non ho parole! E’ bellissimo! Mi sembra proprio di leggere un passo di Proust… chissà se un giorno ti pubblicheranno….Monsieur l’écrivain……. Bisou!

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